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Rifugio S.E.V. 1.276 m. – Corno di Canzo Orientale 1.239 m.
(Italia – Triangolo Lariano – Como)
un anello bellissimo ed estremamente panoramico che aggira uno dei più famosi gruppi montuosi del Triangolo Lariano,
i Corni di Canzo. I sentieri sono facili, ben tenuti ed ottimamente segnalati.

rifugio sev


Località di partenza:
Fonte di Gajum, Canzo.
Quota di partenza: 483 m.
Quota di arrivo: 1.276 m. (quota max. rifugio S.E.V.)
Dislivello: 823 m. (dislivello positivo)
Posizione: il Rifugio S.E.V. si trova su di un balcone panoramico all’Alpe di Pianezzo, ai piedi del
Corno di Canzo Centrale
I Corni di Canzo sono un gruppo montuoso facente parte del Triangolo Lariano (la parte di terra compresa tra i
due rami del lago di Como, detto anche Lario), in particolare il Corno di Canzo Orientale rientra nel territorio del
Comune di Valmadrera
Difficoltà: E (EE con presenza di neve) [scala dei livelli di difficoltà]
Ore: 5h per l’intero anello
2h 30’ da Fonte di Gajum al Rifugio S.E.V. per il sentiero nel bosco
0h 20’ dal Rifugio S.E.V. al Corno di Canzo Orientale
2h 10’ dal Corno di Canzo Orientale a Fonte di Gajum
Periodo: in assenza di neve
Attrezzatura richiesta: classica da trekking
Utili ramponcini e bastoncini con neve residua lungo il versante nord sotto i Corni di Canzo Occidentale e
Centrale fino alla Bocchetta di Luera
Discesa: dalla Bocchetta di Luera, chiudendo un anello attorno ai Corni di Canzo e ricollegandosi
a Terz’Alpe e Prima Alpe
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli

C’è già parecchio movimento in questa mattina di fine febbraio lungo la ciclabile che contorna il Lago di Segrino.
Sono circa le 7.30 del mattino ma molti, incoraggiati dalla bella giornata di sole, hanno deciso di lasciare il tepore
del letto per mettere subito in moto i muscoli.
Alcuni corrono, altri camminano velocemente e altri ancora percorrono la ciclabile con passeggini o cani.
In un posto così li capisco benissimo e, anzi, farei altrettanto.
Sono diretto a Canzo da dove salirò verso i famosi Corni e, appena riemerso dall’intricata matassa di autostrade e
tangenziali milanesi, mi sono ritrovato di colpo in uno spazio aperto bellissimo e inaspettato.
Lo stupore mi ha fatto rimanere a bocca aperta.
Imboccata più per fortuna che per altro una strada panoramica nel paese di Cesana Brianza, ho iniziato a
percorrere una pedemontana con una vista bellissima sul Lago di Pusiano.
Piuttosto grande e già illuminato dal sole, viene alimentato dal fiume Lambro che a monte prende il nome di Lambrone
(in questo tratto non ancora adibito dall’uomo a discarica), e presenta una curiosa isoletta boscosa poco
distante dalla riva nord.
Qualche chilometro ancora più a nord eccomi a lambire la riva occidentale del Lago di Segrino, uno specchio d’acqua
che appare all’improvviso, nascosto com’è dai monti Scioscia da una parte e Pesora dall’altra.
Per metà ancora in ombra, le sue acque sono cristalline e prive di inquinamento grazie all’assenza di
industrie nelle vicinanze.
Prati, morbide rive e una passeggiata circolare di soli cinque chilometri invogliano molte persone a fare tappa qui.
Giunto a Canzo mi divincolo tra strette viuzze, fino a portarmi sulla strada che conduce dopo qualche chilometro
a Fonte di Gajum dove parcheggio in un piccolo spiazzo già occupato da alcune auto.
Ho appuntamento tra un’ora con la mia guida Daniela Ambrosi (Accompagnatore di Media Montagna) e col suo gruppo per
un’escursione che ci vedrà fare il periplo dei Corni di Canzo.
Volutamente sono arrivato in largo anticipo per non rischiare lunghe code nell’attraversare Milano.
Ho un po’ di tempo per prepararmi e guardarmi intorno.
La zona è molto famosa e nel piccolo piazzale è già tutto un formicolare di persone.
Molti si mettono in cammino prendendo le direzioni più disparate.
Poco più in basso vi sono altri parcheggi che vedo riempirsi e dai quali salgono persone.
Sarà una giornata affollata.
Ritrovo un angolino tranquillo pochi metri più avanti, lungo la riva del torrente Ravella dove mi siedo e scatto qualche foto.
Non fa per niente freddo per essere solo a fine febbraio, segno inequivocabile del cambiamento climatico in corso.
L’acqua del torrente è limpidissima e scende lentamente dai monti circostanti, tra cui i principali sono il Cornizzolo e
il Monte Rai.
Alle 9 mi viene incontro la mia guida con un bel gruppo di ragazzi.
Partiamo subito verso i Corni di Canzo prendendo sulla sinistra una bella mulattiera di ciottoli.
La prima tappa sarà Prim’Alpe.

Gli spiriti del bosco
Saliamo per questa larga strada inizialmente con qualche tornante inoltrandoci nel bosco, fino a raggiungere
l’agriturismo Valentina, dove alcune caprette chiuse nel loro recinto ci osservano incuriosite.
Il ristoro è aperto e, all’esterno, sono già esposti enormi pannelli sui quali sono scritte le specialità del luogo e i
prodotti tipici che qui vengono venduti.
Man mano che saliamo mi accorgo però di perdere metri dal mio gruppo e di essere l’ultimo.
Non per problemi fisici o stanchezza ma perché cammino costantemente col naso all’insù.
Quello che sto osservando ha dell’incredibile e proprio non riesco a puntare gli occhi sulla strada, così che la
mia progressione risulta incostante.
Un pannello illustrativo qualche metro prima mi informava di essere entrato nella foresta di Canzo.
La foresta?
Ma dove sono?
Certamente non in un bosco qualsiasi tipico di qualsiasi ambiente montano, ma in una vera e propria foresta, come se
ne vedono maggiormente in America e di cui i documentari ci riportano sempre immagini meravigliose.
D’altronde, e da ciò deriva la mia distrazione e il mio stupore, qualcosa che “non quadrava” o comunque di anomalo
l’avevo notato subito.
Eppure, il tutto è meraviglioso e mi regala una sensazione di pace ma anche di piccolezza incredibile.
Pini, larici, abeti e cipressi sono tutti presenti in questa esplosione di natura e sono pure altissimi, tanto che
non di tutti scorgo la chioma.
Natura che, sebbene rigogliosa e florida, presenta anche qui alcuni aspetti negativi (vedi anche La foresta di Canzo e
il bosco artificiale
) essendo questo un bosco artificiale, cioè creato dall’uomo con finalità economico-produttive,
paesaggistiche e di protezione del suolo.

Raggiungo il gruppo poco prima di Prim’Alpe, antico edificio rurale ristrutturato e oggi sede del
Centro Visitatori e di Educazione Ambientale della Riserva Sasso Malascarpa.
Da qui partono quattro percorsi tematici che raccontano i tesori di queste terre e consentono di approfondire
argomenti quali la geologia e la botanica, osservando varie specie arboree quali ciliegi, ippocastani, querce e
betulle (i percorsi sono: il “Sentiero geologico alto”, il “Sentiero geologico Achermann”, il “Percorso Botanico” e il
“Sentiero dello Spirito del Bosco” che a breve percorreremo).
Da un comodo terrazzino erboso adiacente all’alpe intanto inizio già ad avere un’ottima vista sui Corni di Canzo,
tre enormi macigni rocciosi disposti da ovest ed est che emergono da questi versanti boscosi.
La mulattiera che sale ancora fino a Terz’Alpe la terremo per il ritorno.
Ora, da questa radura, Daniela ci guida verso un piccolo passaggio delimitato da una palizzata di legno,
proprio sul limitare del bosco.
La porta d’ingresso in un mondo magico.
Attraverso un percorso divertente e strano, costruito ad hoc dall’uomo, ci immergiamo in questa parte di bosco
più selvaggia rispetto a quella appena attraversata.
Percorriamo stretti passaggi tra il legno, camminiamo su passerelle traballanti, ponticelli e perfino un labirinto che
termina con una casetta di legno in miniatura, dove inginocchiandosi si può passare attraverso la porta.
Al di là ci troviamo nel fitto del bosco, ospiti di strane presenze che immobili e a volte invisibili ci osservano e ci
danno il benvenuto nel loro regno.
Sono gli spiriti del bosco, gnomi, folletti, troll, centauri ma anche nani, saggi del bosco, draghi, volpi e gufi.
Sono creature buone e amichevoli che tutti i giorni accolgono escursionisti, ma che ogni tanto si divertono a fare
loro qualche dispetto, magari insinuando dubbi circa la direzione corretta da seguire per non perdersi
tra questo intrico di rami.
Non si spiegherebbero altrimenti vari cartelli posti in alcuni bivi con scritte come “per di qua”, “per di là”,
“per di su” o “per di giù”.
Il tutto mi ricorda il momento quando Alice cerca di trovare la via che ha smarrito, seguendo le indicazioni
strampalate dello Stregatto.
Semplicemente fantastico.
Questo percorso, chiamato proprio “Spirito del bosco” è stato realizzato nel 2008 da vari artisti ed in particolare
da Alessandro Cortinovis, abile scultore del legno che per primo ha dato il via al progetto, poi ampliato e arricchito.
In realtà è una splendida passeggiata nella natura adatta a tutti che si ricollega poi più in alto a Terz’Alpe, percorso
certamente unico rispetto alla mulattiera che sale diretta e ricco di graziose sculture di legno.
Pur con alcune simpatiche deviazioni è impossibile perdersi e ci si ritrova poi allo stesso punto.
Quando vago sui monti, (ma non solo), viaggio ogni istante con la fantasia e sono proprio queste le cose che cerco,
strane, insolite e, perché no, stravaganti e sorprendenti.
Mi piace quindi pensare che questi personaggi esistano veramente, che durante il giorno si facciano trovare
immobili nelle loro posizioni per salutare i viandanti, ma che alla sera, quando tutti se ne vanno, prendano vita e
si ritrovino intorno ad un fuoco a fare una grande festa.
Poi, prima dell’alba, che ognuno si dedichi alla cura di una porzione del bosco così che tutto sia in ordine
per l’arrivo di nuovi visitatori.
Sì, proprio come avviene nel famoso film “Una notte al museo”. 

Un po’ di allenamento
Terz’Alpe è gigantesca, sembra una grande caserma e stona un po’ con le bellezze naturali tutt’intorno, (Second’Alpe
non esiste più, si incontrano solo ruderi lungo la mulattiera principale).
Non un rifugio ma un grande punto ristoro, meta di famiglie che nelle belle giornate lo prendono d’assalto.
Già a metà mattinata, come vediamo, la situazione è in lento “peggioramento”.
Alle spalle della struttura parte il sentiero che, lasciando la mulattiera e salendo ripido sulla spalla del Corno di
Canzo Occidentale, serpeggia lungo il boscoso versante sud.
La traccia fino al colle è davvero ripida, un “muro” per usare un termine ciclistico, e dopo una partenza tranquilla
ora fiato e gambe vengono messi alla prova.
Forza, resistenza e un po’ di fiato è ciò che occorre per salire sebbene il sentiero non ponga la minima difficoltà.
Seguiamo le indicazioni per il Rifugio S.E.V. e per la ferrata dei Corni che lasciamo sulla destra ad un successivo bivio.
Avanziamo per questo sentierino che si divincola tra i rami di questo pendio boscoso, ben diverso dalla foresta
attraversata più a valle, ma dove tuttavia convivono ancora numerose specie arboree diverse.
Aceri, tigli, faggi, frassini e carpini neri, alcuni ricoperti dall’edera.
Sostiamo qualche minuto in corrispondenza del limite del bosco per prendere fiato.
Siamo in alto ormai e proprio sotto alla mole impressionante del Corno di Canzo Occidentale.
Il panorama inizia a dispiegarsi di fronte a noi, limitato qui ancora alla Val Ravella appena percorsa con all’orizzonte
il Monte Rai e il Cornizzolo.
Alla spalla del Corno Occidentale, nei pressi di una piccola croce in legno, lo sguardo abbraccia anche i monti a nord,
dominati dalle Grigne, e quelli a est con le cime delle Prealpi Comasche e del Triangolo Lariano ancora in parte innevate.
Proprio sulle Grigne riesco addirittura ad inquadrare i Rifugi Rosalba e Brioschi, quest’ultimo ancora nel pieno dell’inverno.
La vista verso il lago di Como più in basso è ancora chiusa dal folto degli alberi. 

Sospesi tra cielo e terra
Lo sforzo maggiore è alle spalle e il proseguo del percorso si svolge sul lato nord dei Corni, quindi in ombra, dove
incontriamo da subito la neve che ancora non si è fusa.
Il sentiero che seguiamo per il Rifugio S.E.V. è praticamente in piano, tuttavia il ghiaccio in alcuni punti è insidioso.
Erroneamente, seguendo il gruppo, decido di non infilarmi subito i ramponi che tengo legati allo zaino, costringendomi
però a qualche evoluzione di troppo.
Questa porzione di sentiero è comoda e quasi completamente in piano.
A tratti alterna punti ricchi di alberi, a spazi più aperti nei quali gli occhi corrono dalle cime dei monti, al lago di Como
che meravigliosamente appare sotto di noi.
Spazi immensi, grandiosi panorami, sembra proprio di galleggiare tra le nuvole nonostante la quota modesta,
in cui ci troviamo.
Superiamo le baite dell’Alpe Pianezzo e arriviamo al Rifugio S.E.V. (Società Escursionisti Valmadreresi), in un luogo
strategico dal quale ci appare finalmente anche il Lago di Como con la caratteristica punta di Bellagio e il
suggestivo paese di Mandello del Lario.
Molto più in là, al confine tra terra e cielo, le cime imbiancate della Svizzera e, più a destra, il Monte Legnone.
È davvero incredibile la vista che si gode da questo terrazzino, bisognerebbe starci delle ore solo per studiare
la conformazione del territorio, scoprire ogni singola vallata o riconoscere tutti i vari monti.
Dal pianoro erboso sottostante al rifugio, ecco che individuo il punto di decollo perfetto per un eventuale volo
in parapendio col quale sorvolare il lago e questi magnifici posti.
Non fosse per la sensazione di vuoto…
Dopo la sosta per il pranzo, per qualche istante ci dividiamo.
Io, Daniela e altri tre ragazzi proviamo a salire lungo il sentiero che, partendo alle spalle della struttura, sale fino
alla Forcella dei Corni per capire se un’eventuale salita al Corno Centrale di Canzo sia fattibile.
Questo tratto, piuttosto ripido in alcuni punti, è totalmente ghiacciato, essendo la neve ancora abbondante.
Con i ramponi raggiungo agevolmente la forcella dalla quale il panorama, già magnifico al rifugio, qui
raggiunge livelli indescrivibili.
Si vedono tutte le Grigne, il Monte Barro con la città di Lecco e Valmadrera ai suoi piedi e una porzione ben più ampia
del Lago di Como e dei monti che lo contornano.
Pazzesco.

La via per la cima però è ancora ostruita dalla neve, troppo rischiosa la salita così rinunciamo e ci abbassiamo
nuovamente al rifugio.
Solo essere arrivati a questa forcella però meritava ogni sforzo.
Dal rifugio ci abbassiamo leggermente e prendiamo il sentiero che passa sotto il Corno di Canzo Centrale e conduce
verso quello Orientale di cui vediamo la piccola croce di vetta.
Anche tutto questo versante è in ombra e quindi ancora parzialmente ghiacciato.
Percorrere questa traccia a mezza costa mi regala la sensazione di camminare in un’altra dimensione, ricordandomi
molto, i lunghi tratti simili (spesso aerei) percorsi sulle Dolomiti.
Alla mia sinistra sfilano sempre le Grigne, il lago e Lecco adagiati nel fondovalle, mentre a breve distanza in linea
d’aria si innalza il torrione roccioso del Monte Moregallo, dove sull’assolato versante sud, sale il sentiero che passa
poco sotto la cresta ovest.
In lontananza, sopra Lecco, il Resegone si dispiega con i suoi torrioni rocciosi.
Passiamo rasenti le rocce del Corno di Canzo Centrale, oltre il limitare del bosco, e con un lievissimo saliscendi ci
portiamo nuovamente sul versante sud in corrispondenza della Bocchetta di Luera.
Qui di neve nemmeno l’ombra, gli alberi tornano a dominare la scena e le foglie secche a cospargere il terreno.
Prima di tornare a valle facciamo una piacevolissima deviazione alla vicina cima del Corno di Canzo Orientale,
la più facile e breve.
Le foto dalla croce di vetta le scattiamo dopo soli dieci minuti di salita.
Anche da questo punto si dominano dall’alto città, paesi e monti a perdita d’occhio con paesaggi da cartolina.
Compaiono anche i laghi di Annone e Garlate con il Monte Ocone, Picchetto e Tesoro immediatamente alle spalle
di quest’ultimo.
Veramente splendido!
Interessante anche la vista sulle cime scorte all’andata, Cornizzolo, Corno Birone e Monte Rai.
L’unico davvero brutto è proprio il Monte Rai, sulla cui cima si innalzano alcuni ripetitori che fanno a pugni col
paesaggio e denotano la manomissione dell’uomo di queste terre.

L’affollato ritorno a valle
Tornati alla Bocchetta di Luera, scendiamo verso sud seguendo le indicazioni per la Val Ravella, chiudendo
questo magnifico anello.
Un sentiero un po’ ripido e scivoloso all’inizio per via del fogliame, che corre a zig-zag per i boschi come se fosse
il tracciato di una discesa di downhill.
In ogni caso molto bello e particolare.
Ci spingiamo nuovamente nel folto della natura.
Giunti ad un primo bivio, (Acqua del Fo), prendiamo a destra lungo il Sentiero del Traverso, più comodo e agevole e,
passando poi per la Colma di Val Ravella, ritorniamo a Terz’Alpe che troviamo letteralmente invasa da una folla di persone. Famiglie con bambini intenti nei loro giochi, cani, escursionisti e gruppi vari si sono dati tutti appuntamento qui,
nel primo pomeriggio.
Ed è con un po’ di affollamento, purtroppo, che intraprendiamo la via di discesa verso Fonte di Gajum, questa volta
lungo la mulattiera principale.
Arriviamo con le gambe un po’ provate che però, dopo una notte di riposo, ripartirebbero alla grande per altri
percorsi simili così suggestivi.
Luoghi certamente meno selvaggi rispetto a qualche anno fa, ma che attraversando ambienti sempre diversi,
regalano emozioni e sorprese ad ogni passo.
Ed è questo quello che più conta.

Relazione e fotografie di: Daniele Repossi
Un ringraziamento particolare a: Daniela Ambrosi


Note:
un anello bellissimo ed estremamente panoramico che aggira uno dei più famosi gruppi montuosi del
Triangolo Lariano, i Corni di Canzo.
I sentieri sono facili, ben tenuti ed ottimamente segnalati.
In caso di tratti gelati sul lato nord dei Corni utili bastoncini e ramponcini.
L’intero anello, per lunghezza e dislivello (non elevatissimo, ma a sviluppo verticale), richiede una discreta
preparazione fisica.