Marone 662 m.
– il paese fantasma che ha smarrito tutti i suoi abitanti –
(Italia – Val Vigezzo)
i vicoli del paese non hanno un nome, i lampioni non esistono, gli abitanti sono scomparsi e le case in pietra
sono profondamente “segnate” dal tempo e dall’abbandono: qui tutto si è fermato al lontano 1932
Località di partenza: Marone 662 m. (Val Vigezzo)
Quota di partenza: 662 m.
Quota di arrivo: 662 m.
Dislivello: 0 m.
Posizione: Val Vigezzo, raggiungibile tramite un semplice percorso di trekking da Trontano o Verigo
Difficoltà: E [scala delle difficoltà]
Ore: ==
Periodo: tutto l’anno
Attrezzatura richiesta: classica da trekking
Segnavia: ==
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli
La chiesa sconsacrata di Sant’Antonio Abate, dove l’ultima messa è stata celebrata nel lontano 1932 in occasione
di un funerale, si trova all’ingresso del paese, e sembra quasi volerlo proteggere dal tempo che passa.
Le lancette in metallo dell’orologio del campanile, sono ferme da decenni e il crocifisso in ferro battuto,
posto sopra il tetto, svetta in modo orgoglioso.
Ma il grigiore delle pareti esterne, intrise dall’umidità e in parte consumate dalle stagioni che scorrono inesorabilmente,
rispecchiano l’immagine desolante di questo “paese fantasma”.
Nel corso degli anni, la chiesa è stata più volte depredata.
Oggi la porta è chiusa, ma da alcune fessure, è possibile sbirciare all’interno, dove si individuano alcuni banchi di legno
e qualche tovaglia bianca, appoggiata lì da decenni.
A Marone, non ci abita più nessuno.
Eppure il posto non è malvagio, anzi, c’è una bella vista, immerso in un’area montana tranquilla.
Ma perché tutti gli abitanti del paese si sono spostati sul versante opposto, rispetto al fiume Melezzo, andando
ad abitare nel paesino di Paiesco e qui più nessuno ha voluto viverci?
E’ un mistero al quale noi non abbiamo trovato risposta, neppure parlando con alcuni “anziani” della zona.
E’ avvenuta una sorta di migrazione, che giorno dopo giorno, ha visto diminuire il numero degli abitanti,
fino a farli scomparire totalmente e per sempre.
Nessuno ha fatto più ritorno.
A Marone, dove tutto è avvolto nel silenzio, restano solo le case in pietra, costruite nel 1200, e oggi in stato di totale
abbandono e alcune di esse semi diroccate e ridotte a ruderi difficilmente recuperabili.
Ma un tempo le case costruite molto vicine le une alle altre, avevano al piano terreno le stalle per il bestiame,
ed erano abitate.
Tuttora, per accedere ed entrare nelle abitazioni, bisogna salire delle piccole scalette in pietra, il piano terra era
riservato alle mucche e alle capre e pensate che è ancora presente al suolo la paglia.
Il fienili traboccavano di foraggio per l’inverno e il bestiame con il loro calore, serviva anche da riscaldamento naturale
nella stagione più fredda e insidiosa dell’anno.
Oggi, di queste antiche case, restano molti tetti sfondati e travi mozzate, dove le porte in legno cigolano sui
cardini oramai arrugginiti.
Le finestre non esistono più, al loro posto ci sono i varchi in pietra che una volta ospitavano i telai.
Passeggiando tra le vie senza nome del paese, si trovano case quasi completamente diroccate e case ancora
in discreto stato di conservazione.
Su un muro esterno troviamo un dipinto oramai semi sbiadito dal tempo.
La maggior parte dei tetti delle abitazioni sono crollati o fortemente danneggiati, con la paglia che un tempo serviva
da isolante termico, che scivola inesorabilmente verso il basso.
Alcuni camini ancora in piedi, non fumano più da quasi un secolo.
Il grigio è il colore predominante.
Le strette vie che girano attorno alle case non hanno nome, e i lampioni non sono mai esistiti.
Manca la luce, manca il gas.
Ci sono ancora delle porte in legno piene di ragnatele, che “proteggono” l’ingresso di qualche abitazione e
qualche finestra ha delle antiche grate in ferro battuto.
In questo paese, dove non c’è più nulla, incredibilmente resta attiva e funzionante la stazione ferroviaria,
dove a richiesta, si ferma ancora il trenino della Ferrovia Vigezzina Centovalli.
La linea ferroviaria internazionale che collega Domodossola a Locarno passa di qua.
La stazione è un edificio chiuso ma ben tenuto, con la bandiera italiana che sventola e la campanella che suona
per avvisare dell’arrivo imminente del convoglio.
Il treno ha qui la sua fermata, dove non scende mai nessuno, salvo qualche raro turista che ha piacere di visitare
il borgo fantasma di Marone.
La ferrovia è raggiungibile dal paese in 2 minuti a piedi, risalendo un prato, lungo quello che resta di una esile traccia
di poderale, oramai interamente ricoperta dal prato che si trasforma in pietra nei pressi della stazione.
Se da una parte, trovare un borgo in queste condizioni di abbandono ha il suo fascino, dall’altra è un peccato
che venga lasciato andare completamente in malora.
Anche se parliamo di un piccolo paese, formato da una ventina di case o poco più, è comunque un patrimonio
di queste vallate, e avrebbe tante storie da raccontare dei “tempi che furono”, quando la vita si svolgeva con ritmi e modi
completamente differenti da quelli di oggi.
Un intervento di riqualificazione e almeno di mantenimento delle strutture, andrebbe a mio avviso adottato.
Al contrario, si rischiano di perdere per sempre le tante storie e i tanti racconti che anche solo guardando come
le case erano concepite, si intuisce che qui il termine “essenziale” era predominante.
La vita quotidiana, probabilmente legata quasi esclusivamente alla pastorizia, era scandita dai ritmi delle stagioni,
dove in estate si lavorava duramente per recuperare e stoccare il fieno indispensabile nel lungo periodo invernale.
All’interno delle abitazioni si svolgevano molte mansioni che oggi sono inimmaginabili, come “lavorare” il latte
appena munto della stalla posta al piano sotto e produrre il formaggio, preparare gli alimenti da conservare per l’inverno,
lavorare il ferro e occuparsi di tutti quei mestieri che oggi sono scomparsi anche dai nostri più lontani ricordi.
In posti come questi, probabilmente, quando nel forno del paese una volta a settimana si cuoceva il pane,
era motivo di festa e di vita sociale tra i vari abitanti.
Ed è questo forte contrasto del “passato” con il “presente”, che sarebbe importante ricordare e mantenere.
Mi piacerebbe riuscire a comparare le comodità e i comfort che abbiamo “oggi”, con lo stile di vita e le abitudini
che si usavano “un tempo” qui nel paese di Marone.
Cercare di immedesimarsi e riflettere su come si viveva molti anni fa.
Marone tutti questi racconti e tutte queste storie le custodisce gelosamente.
Ci sono, ma sono nascoste tra i ruderi di quello che giorno dopo giorno viene minato dal tempo che passa.
Sarebbe un vero peccato non riuscire a “raccogliere” e successivamente documentare questo patrimonio storico.
Oggi con gli assurdi ritmi della vita frenetica che abbiamo, sarebbe importante “rispolverare” il passato e fare
qualche riflessione.
Certamente l’obiettivo è quello di evolversi e migliorarsi, ma siete sicuri che lo stiamo facendo nel modo corretto?
Voltarsi, guardare all’indietro, ascoltare i racconti di chi ha vissuto in condizioni completamente diverse dalle attuali,
sarebbe utile per capire e abbozzare qualche ragionamento.
Marone può insegnarci molto, sta a noi avere la capacità di non perdere definitivamente quello che resta
e soprattutto di “farne tesoro”.
Relazione, fotografie e riprese video di: Michele Giordano e Andreina Baj
Note: il “borgo fantasma” di Marone è totalmente abbandonato da quasi un secolo.
Nonostante l’incuria, gli anni che passano, e le condizioni meteo di tutte le stagioni che inesorabilmente sferzano
quello che resta, molte case costruite con la maestria “di un tempo”, restano tutt’ora in discrete condizioni.
Altre invece, sono ridotte a ruderi.
E’ affascinante passeggiare tra i vicoli, dove le strade non hanno un nome e non esistono i lampioni.
Qui il tempo si è fermato al 1932 e non è mai più ripartito.
Vale la pensa venire a farci visita, per guardare quello che resta della “vita di un tempo”.