Bivacco Duilio Strambini 2.530 m. – Bivacco Pian Del Lago 2.320 m.
– Lago Sapellaccio 2.578 m. (Italia – Valtellina – Val Grosina)
camminata molto remunerativa dal punto di vista paesaggistico su sentieri ottimamente tenuti e ben segnalati che tocca
due bivacchi e tre laghi compiendo un anello
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Località di partenza: Malghera, Val Grosina.
Quota di partenza: 1.967 m.
Quota di arrivo: 2.579 m. (quota max. lago Sapellaccio)
Dislivello: 693 mt. (dislivello positivo)
Posizione: il Bivacco Strambini si trova nella Valle del Sapellaccio, su un costone roccioso sotto la
Cima di Ruggiolo, nei pressi del lago Sapellaccio.
Il Bivacco Pian del Lago è ubicato nella Valle del Piansortivo, poco sotto al Pian del Lago dove si trova anche
lo stesso specchio d’acqua.
Difficoltà: E [scala dei livelli delle difficoltà]
Ore: 5h 30’ a/r
Periodo: da giugno a ottobre
Attrezzatura richiesta: classica da trekking
Discesa: per la via di salita
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli
Come si dice di solito? Non c’è due senza tre.
Così eccomi qui, ancora a Grosio, pronto per una nuova partenza verso la Val Grosina.
Dopo aver camminato fino al Passo di Verva con il Lago Calosso e il Lago di quota 2600 m. e dopo la lunga escursione al
Bivacco Capanna Dosdè, tutti nella Val Grosina orientale (Val d’Eita), non mi rimane che esplorare anche la
parte occidentale nella quale si trovano la Val di Sacco (o Val de Dosa) e le più alte Valli del Sapellaccio e Piansortivo.
Programmo per tempo anche questa gita e organizzo tutto il materiale, anche se, a dire la verità, analizzando i percorsi
e studiando un po’ le carte, oggi non mi servirà nulla di particolare, tantomeno l’attrezzatura.
Il mio zaino che carico in auto è più leggero del solito, e sono sicuro che le spalle strada facendo mi ringrazieranno.
La giornata promette bene, anzi meravigliosamente, dal punto di vista del meteo.
Finalmente il cielo è sgombro di nubi e di un azzurro intenso, mentre il sole scalda già dal primo mattino.
Dopo le mie precedenti gite, caratterizzate da tempo instabile nelle quali un occhio lo tenevo costantemente puntato in alto,
oggi posso godermi la giornata senza preoccupazioni.
Salgo in macchina e affronto nuovamente la stradina che dal centro di Grosio mi fa attraversare Ravoledo e
San Giacomo, fino a condurmi a Fusino, dove per la terza volta scendo verso l’erogatore automatico per munirmi
di biglietto, (anche questa valle che porta a Malghera è a pagamento infatti).
Ormai questa macchinetta mi conosce e mi saluta al mio passaggio, di certo sono diventato il suo cliente numero uno.
Riparto a guidare lungo la carrozzabile asfaltata e per un attimo mi illudo sia un po’ migliore di quella che sale a Eita.
Una discesa iniziale e un tratto quasi in piano mi fanno infatti ben sperare.
Man mano che procedo però realizzo di essermi illuso.
La strada che sale fino a Malghera, tranne l’ultimo tratto, è sì praticamente in piano con solo qualche saliscendi, ma
dannatamente stretta e con pochi punti dove fermarsi nel caso incontrassi un’altra auto.
Inoltre, è lunghissima e sembra non finire più (per l’esattezza undici chilometri da Fusino).
Se la variante che porta a Eita l’avevo paragonata ad una tappa della Parigi-Dakar, qui mi sembra per certi versi di
guidare sulla famosa Karakorum Highway, da intendersi non solo per la difficoltà ma anche per la bellezza del paesaggio.
Per fortuna non me la cavo male sulle strade di montagna, guido da molti anni ormai in queste zone, tuttavia
cerco di scrutare molto più in là ad ogni curva o dosso, per vedere se non sopraggiungono auto o mezzi più ingombranti.
Oltrepasso varie località in cui vi sono alcune baite tipiche e alpeggi e, dopo una di queste, per la precisione Ortesedo,
la strada diventa sterrata per un lungo tratto, (ecco un altro dei motivi per i quali mi riferivo alla strada himalayana). Fortunatamente sono solo pochi chilometri, nel bosco e totalmente in piano.
Improvvisamente (e inspiegabilmente), dopo Campo Pedruna dove si trovano un alpeggio e un ristoro, la strada torna
ad essere asfaltata sulle rampe finali, (molto ripide), che conducono all’ampio parcheggio del Rifugio Malghera.
Dal punto di vista ambientale e paesaggistico, anche questa valle offre scorci davvero interessanti e meritevoli,
peccato che in auto non ho potuto apprezzare appieno queste bellezze.
Poco male, mi rifarò da qui in poi.
Il Rifugio Malghera si trova a 1.964 metri in un ampio spiazzo dove c’è anche tutto il complesso rurale,
circondato da pascoli e posto direttamente sotto al Matto della Chiesa.
Un ottimo punto di arrivo dove pranzare godendosi la vista sul Pizzo Sassalbo, la Forcola di Rosso, la Punta Lavinale,
la Punta Croce oppure un luogo di partenza verso le valli di Sacco, Sapellaccio, Piansortivo nonché
la Svizzera (per il Passo di Malghera).
Anche quassù il massimo sarebbe venirci in e-bike per poi incamminarsi a piedi e col tempo sono sicuro si abbasseranno
anche i costi di queste bici, oggi un po’ proibitivi.
Alle 9 di mattina il piazzale è deserto, fatto salvo un’auto dalla quale scendono tre ragazzi che iniziano i preparativi per
la loro escursione.
Prendo anch’io lo zaino e mi avvicino alla segnaletica indicante tutti i percorsi che partono da qui.
Come a Eita, anche da questo rifugio c’è solo l’imbarazzo della scelta, ma la mia gita l’ho in mente da ieri.
Vorrei salire al Bivacco Duilio Strambini percorrendo prima la Valle di Sacco e poi quella del Sapellaccio, tornare
indietro fino alla Casera di Sacco (una malga poco distante da dove sono ora), e prendere un’altra via per salire
fino al Bivacco Pian del Lago.
Questi sono i percorsi segnati sulla mia cartina che vorrei seguire.
Prima di incamminarmi scatto una bella foto ad uno sparuto gruppo di mucche che al sole si mettono in posa sul
prato proprio sotto alla piccola cima del Matto della Chiesa.
Ne viene fuori proprio un bel quadretto!
Prendo la larga poderale che parte da qui e si dirige verso la Valle di Sacco e, dopo pochi metri, aggiro il Santuario della
Madonna del Muschio.
Davanti a me si spalanca un altro scenario da incorniciare in un puzzle con questa valle solcata al centro dal
torrente Roasco e sullo sfondo le cime del Pizzo Ricolda, Corno di Lago Negro e Dosso Sabbione.
Il cielo si mantiene terso e il sole inizia a scaldare anche se oggi c’è un leggero venticello che fa percepire una temperatura
un po’ più bassa.
Dopo qualche metro percorso su questa sterrata totalmente pianeggiante rimango un po’ sorpreso trovandomi
improvvisamente nel piazzale antistante alla Casera Sacco, punto di vendita di formaggi tipici del luogo.
Non è tanto il fatto di essere nella zona antistante all’alpeggio, recintata peraltro, quanto quello che non riesco ad
uscirne, nel senso che la strada non continua da qui!
Ma come, possibile che non riesca a proseguire?
Eppure, vedo chiaramente la strada che si mantiene a mezza costa e prosegue dritta lungo tutta la Val di Sacco.
Il problema è che passata l’aia di questa casera, c’è un recinto di legno chiuso e subito alle spalle un torrente che
scende un po’ impetuoso dalle cime soprastanti.
Niente da fare, è tutto bloccato e da qui non passo.
Sorrido un po’ per questo intoppo abbastanza comico, il tutto mentre un cane intento a schiacciare un pisolino sotto una
panca si sveglia e abbaiandomi probabilmente inizia a chiedersi che diavolo ci faccia lì.
Devo assolutamente rimettermi in carreggiata e proseguire e, per farlo, torno sui miei passi scendendo un po’ nell’erba
per il pendio in direzione del torrente finché trovo un punto dove questo si restringe per guadarlo.
Rimonto ancora il pendio e riprendo il cammino.
Non il massimo, soprattutto per il fatto di camminare in una zona dove il terreno è zollato e cosparso di concime…naturale. Superato questo punto il sentiero torna ad essere agevole e il paesaggio meraviglioso.
Mi incuriosiscono numerosissimi muretti a secco e gruppi di sassi dislocati in vari punti sul pendio
che scende verso il torrente.
Forse una volta servivano a qualcosa per chi faceva pascolare le greggi in questi alpeggi.
Sulla sponda opposta del torrente invece un’altra larga pista conduce direttamente al Bivacco Pian del Lago,
pista che vorrei affrontare nel pomeriggio.
Al termine della Val di Sacco il sentiero si restringe e dopo una curva entra nella bella piana della Valle del Sapellaccio.
Guardando di fronte a me in lontananza, riesco a scorgere un puntino rosso, è sicuramente il Bivacco Strambini!
Procedo quindi attraverso i prati di questo bel pianoro circondato da questi contrafforti rocciosi molto
particolari e dai versanti piuttosto severi.
Sulla destra ho sempre il Pizzo Ricolda e il Corno di Lago Negro, mentre sulla sinistra, a me invisibile da
qui, il Pizzo del Teo.
Tralascio sulla destra un bel ponticello di legno che mi porterebbe nei pascoli e proseguo dritto fino
ad arrivare ad un bivio.
Un bivio?
Strano, dalla cartina non ricordo bivi in questa zona.
Ricontrollo ed è proprio così, qui non dovrebbe esserci nulla.
E invece un bivio c’è, lo fisso notando che la segnaletica posta accanto indica un altro percorso per raggiungere
il Bivacco Pian del Lago.
Ottimo, questa è davvero una grande notizia per me.
Non solo al ritorno prenderò questa deviazione senza ritornare indietro fino alla Casera di Sacco, ma così facendo
compirò anche un bell’anello.
Probabilmente la cartina non è delle più aggiornate forse, anche se abbastanza recente.
Riparto in vista del bivacco puntando al gradino roccioso che dovrò a breve salire a zig-zag, facendo su questi prati
lo slalom speciale tra numerose mucche sdraiate sul sentiero in pausa relax.
Vado su e giù fuori traccia per collinette e piccole pietraie, mentre le mucche per nessuna ragione al mondo hanno
intenzione di abbandonare i posti migliori che hanno preso in prima fila sotto i raggi del sole.
Inizio quindi a salire su terra, detriti e sfasciumi con una pendenza molto maggiore, fino a riprendere i tre ragazzi che
avevo incontrato nel parcheggio e che erano partiti prima di me.
Supero un piccolo scalino nella roccia e mi ritrovo in un piccolo avvallamento, in una posizione bellissima e
super panoramica verso la valle che ho appena percorso, con queste creste rocciose che si stampano
nel cielo così azzurro.
Seguo il sentiero in quest’ultima parte fra prati e roccia, fino ad arrivare sulla soglia del Bivacco Duilio Strambini a
2.530 metri dove vi è anche un ometto di pietra a contrassegnare il luogo.
Oltre a fare numerose foto a questi panorami meravigliosi, (da qui ho una splendida vista sulle valli Sapellaccio e
Piansortivo, sul Dosso Sabbione, Pizzo Matto e finalmente anche sul Pizzo del Teo), ne approfitto per aprire la
porta del bivacco e vedere all’interno com’è organizzato.
Sono sempre stato attratto in modo impressionante da tutti i rifugi e bivacchi, specialmente quelli in alta montagna.
Piccole casette o a volte capanne, per non parlare di strutture ancora più minute in lamiera fatte a botte, bivacchi
appunto, (anche se oggi sono sempre più grandi, moderni e confortevoli e abbandonano queste forme particolari)
che sembrano spuntare dal terreno o dalla roccia e che ispirano sicurezza.
Questo bivacco appartiene alla vecchia guardia, piccolo, in lamiera e dalla volta a botte.
All’interno ci sono nove brandine con materassi, cuscini e coperte, un tavolo al centro e tutto l’occorrente per
scaldare qualcosa di buono da mangiare.
Molto pulito e ordinato.
Richiudo con cura la porta in ferro e, visto che non è nemmeno mezzogiorno, decido di andare a vedere il
laghetto del Sapellaccio posto poco più sopra.
Mi occorre solo un quarto d’ora per raggiungere il Lago del Sapellaccio e per portarmi sulle sue sponde.
Questo laghetto è piuttosto piccolo, ma caratterizzato da sfumature di colore uniche che vanno dal verde al blu.
Nelle sue acque purtroppo si rispecchia solo la pietraia che scende dalla Cima Saoseo, in quanto posto direttamente
sotto la ripida parete di questa.
Fosse stato più staccato, ecco che tutta questa montagna si sarebbe riflessa.
Faccio una piccola sosta e ne approfitto per mangiare qualcosa, mentre i tre ragazzi mi raggiungono per poi
proseguire il loro giro verso il vicino Passo di Sacco oltre il quale scenderanno in Svizzera.
Non li seguo per oggi, il mio programma mi porta altrove.
Ho un anello che voglio chiudere e altri laghi da scoprire, senza dimenticare un altro bel bivacco, il Pian del Lago
che mi incuriosisce non poco.
Lascio quindi questa splendida conca con il Lago Sapellaccio, e scendo nuovamente dallo stesso sentiero fino
al bivio che ho incrociato all’andata nel luogo dove le mucche stavano riposando.
Eccole, sono ancora tutte lì sdraiate, non più sul sentiero ma lungo il torrente.
Probabilmente cercano un po’ di refrigerio dopo essersi abbrustolite per bene al sole.
Le saluto facendo loro ancora qualche bella foto, prima di imboccare questo misterioso sentiero non segnato
sulla mia cartina.
Un bel percorso che sale leggermente sui pendii del Corno di Lago Negro, e si porta con pendenza omogenea
verso la Valle del Piansortivo.
A circa metà sentiero raggiungo un punto molto panoramico verso la Valle di Sacco, percorsa alla mattina, e sulle
cime poste in lontananza che circondano il Rifugio Malghera.
Sono Punta Lavinale, Punta Croce, Pizzo Sassiglione e Sasso dell’Uomo.
Da qui riesco perfino a vedere il Rifugio Malghera sotto la mole imponente del Sasso Farinaccio che si innalza
ripido alla sua sinistra.
Sotto questa cuspide intravedo già il minuscolo, almeno dalla mia posizione, Bivacco Pian del Lago che sorge in una
bella conca erbosa ai piedi di enormi pietraie.
Il sentiero mi fa compiere un’ampia svolta verso sinistra molto piacevole e, con gli occhi all’insù, passo ai piedi
del Dosso Sabbione e del Pizzo Matto.
Tutte cime severe e impervie dove apparentemente non riesco a intravedere da qui una via d’accesso.
Una deviazione senza traccia indica alla mia sinistra il Lago Scalpellino che per oggi ignoro.
Dovrei infatti risalire ancora una lunga pietraia un po’ faticosa e portarmi fuori rotta.
Ci tornerò.
Proseguo invece dritto trovandomi di colpo a pochi metri dalle verdi acque del Lago di Piansortivo che raggiungo
con una piccola deviazione.
Un minuscolo specchio d’acqua posto a 2.361 metri direttamente sotto le pendici pietrose del Pizzo Matto.
Bellissimi i colori e la trasparenza dell’acqua, mi trattengo volentieri qui un po’ di tempo.
Lasciato questo lago, perdendo solo pochi metri di dislivello, supero un grande acquitrino su una comoda
passerella di legno che mi porta direttamente al Bivacco Pian del Lago.
Mi trovo davanti una capanna di legno e pietra nemmeno troppo piccola che viene principalmente
utilizzata d’estate dai pastori.
Non ha la forma del classico bivacco d’alta montagna e la sua utilità è quindi diversa.
Oltre che dalle genti del posto che fanno pascolare le loro greggi, il bivacco, collocato in questo punto pianeggiante
(il Piansortivo) e vicino all’omonimo lago, viene molto frequentato da escursionisti e famiglie con bambini.
Il sentiero che sale direttamente da Malghera, infatti è molto facile e alla portata di tutti, anche se un po’
faticoso nei punti più ripidi.
La capanna dispone di tutto l’occorrente che normalmente si trova in queste strutture, ma ha solo quattro letti
(pur essendo abbastanza grande), e il tutto all’interno è più caotico e disordinato come constato quando ne apro la porta.
Tornato all’aria aperta mi porto in riva al vicino lago, e ancora una volta rimango stupito dalla bellezza e dai colori
di queste acque.
Ho visto tantissimi laghetti sparsi quasi su tutto l’arco alpino, ma ogni volta riesco sempre a rimanere incantato
dalla loro meraviglia e purezza.
Piccoli luoghi ancora incontaminati, che a queste quote strenuamente combattono e cercano di resistere a
tutto il male che causa loro l’uomo.
Il panorama è di tutto rispetto anche da questa posizione.
Al contrario rispetto a quando mi trovavo allo Strambini, da qui vedo tutta la catena di montagne che lo circondano
e quelle che scendono verso la Valle di Sacco, tra le quali risalta la Vetta Sperella.
E’ proprio una giornata di sole pieno e nessuna cima è velata da nubi.
Colgo ogni sfumatura, ogni colore e studio con lo sguardo ogni valico all’orizzonte fino all’ultimo.
Purtroppo, piano piano anche questa giornata sta volgendo al termine, e a me non resta che incamminarmi
a malincuore verso Malghera.
Prendo dunque il sentiero che scende con qualche ripida svolta per il pendio sotto il bivacco, che mi porta su un
lungo tratto in piano, opposto a quello percorso la mattina in salita.
Raggiungo da sotto questa volta la Casera di Sacco e, senza più transitare da essa, percorro gli ultimi metri
fino al parcheggio di Malghera.
Arrivo sempre col sole che ormai inizia a tramontare ma con un forte vento e, dopo essermi cambiato, decido di
mangiare un piatto di polenta e salsiccia sui tavoli all’esterno del rifugio.
Una posizione incantevole su un magnifico terrazzino panoramico circondato dai monti, non fosse che questo
vento vuole farmi volare ad ogni istante tutto quello che il rifugista ha apparecchiato sul tavolo.
La fame è più forte questa volta e vinco anche la battaglia col vento.
Un’altra magnifica giornata si è conclusa e, anche se non ho visto tante cose, ho fatto comunque il pieno
di queste valli scoprendo angoli remoti e ancora incontaminati.
In tre giorni ho percorso gli itinerari principali della Val Grosina, attraversando ambienti magnifici e diversi, passando
quasi di colpo dai pascoli alle pietraie, rimanendo ogni volta sorpreso ed incantato davanti ad un lago, una cima,
un ricovero o semplicemente un fiore.
Non posso certo affermare ora di conoscere bene queste zone, ma i percorsi che mi ero prefissato sono
riuscito a portarli a termine.
Resterebbe molto altro da fare, molti sentieri minori che vorrei percorrere e che conducono ad altri laghi, cime e
passi e che mi attirano come potenti magneti.
Tutti progetti, li chiamo così, che richiedono tempo e un minimo di organizzazione per i quali dovrò
necessariamente tornare.
Relazione e fotografie di: Daniele Repossi
Note: camminata facile e molto remunerativa dal punto di vista paesaggistico, su sentieri ottimamente tenuti
e ben segnalati.
In alta Val Grosina si percorrono le valli di Sacco, Sapellaccio e Piansortivo sotto il Corno di Lago Negro,
le cime di Ruggiolo, Lena, Terzana, e i pizzi del Teo e Matto.
Escursione alla portata di tutti, non eccessivamente lunga, con poco dislivello che tocca due bivacchi e tre laghi
compiendo un anello.
Qualche piccolo impaccio ad oltrepassare la Casera di Sacco.