Bivacco Gino Rainetto 3.047 m. (Italia – Monte Bianco – Val Veny)
esperienza unica in ambiente di alta montagna con vista e panorami di una bellezza indescrivibile; accompagnati in molti tratti
del percorso di salita dagli stambecchi, nostri graditi “vicini di casa” anche nei pressi del bivacco
Località di partenza: Freney 1.589 m. (Val Veny)
La località di partenza in realtà è La Visaille 1.659 m. ma abbiamo trovato la strada chiusa al traffico veicolare per
ordinanza del Comune e quindi ci siamo dovuti fermare alla frazione prima
(circa 20 minuti in più di cammino a passo spedito per arrivare a La Visaille)
Punto di arrivo: Bivacco Gino Rainetto 3.047 m. (Val Veny – Monte Bianco)
Quota di partenza: 1.589 m.
Quota di arrivo: 3.047 m.
Dislivello: 1.458 m.
Posizione: sopra il Vallone dell’Aiguille de Combal (Monte Bianco)
Difficoltà: EE/F [scala delle difficoltà]
Ore: 4h 20 minuti per la salita dalla frazione di Freney, fino all’arrivo al Bivacco Gino Rainetto
Circa 3h 50 minuti per la discesa che avviene lungo il medesimo percorso di salita
Periodo: da metà / fine giugno (previa attenta verifica delle condizioni di innevamento), a fine settembre
sconsigliata e da evitare in caso di pioggia e scarsa visibilità, impensabile in caso di neve o ghiaccio
Attrezzatura richiesta: da trekking avanzato, adatto per le salite impegnative, ramponi e casco
Segnavia: n° 14
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli
Il Bivacco Gino Rainetto, lo possiamo considerare un “nido d’aquila”.
Ubicato a oltre 3.000 m. di altitudine in una posizione con vista da favola, ci regala l’incanto di poter osservare quasi
tutta la Valle d’Aosta, alcune cime della Savoia e alle nostre spalle il Monte Bianco.
Inoltre……. non sarete mai soli……
Vi spiego tutto quello che c’è da sapere: prendetevi qualche minuto di lettura e mettetevi comodi.
Benvenuti o ben tornati sul nostro sito internet.
Siamo in una bella e calda giornata di inizio luglio, con solo qualche nuvola innocua e passeggera nel cielo azzurro.
Sveglia alle 5 della mattina, partiamo verso le ore 6:00 da Morgex, superiamo Courmayeur per recarci a La Visaille,
l’ultima frazione che troviamo in Val Veny e dove la strada percorribile con la macchina giunge al capolinea.
In realtà per noi il “capolinea” è arrivato alla frazione prima di La Visaille, infatti ci siamo dovuti fermare e abbiamo
parcheggiato a Freney 1.589 m. in quanto una transenna posta in mezzo alla careggiata invitava a non proseguire.
Un’ordinanza del Comune vietava l’accesso ai veicoli per ragioni “eco ambientali”.
Nulla di grave.
Bisogna però mettere in conto almeno 20 minuti a piedi di strada asfaltata per arrivare da Freney a La Visaille.
Volendo c’è il piccolo bus navetta che arriva fino a La Visaille, ma non sono previste corse così presto al mattino.
Iniziamo a risalire la lunga strada asfaltata che ci porta in prima battuta alla “sbarra” di La Visaille e, successivamente
risale per altri 30 minuti con alcuni tornanti che si possono “tagliare”, attraversando brevemente il bosco tramite
un sentiero.
Si costeggia sempre la Dora di Val Veny e si supera uno smottamento avvenuto molti anni fa, fino a raggiungere
il Lago Combal 1.957 m.
All’arrivo al Lago Combal (camminiamo da oltre 45 minuti), troviamo un ponticello in pietra che porta a sinistra in
direzione del Rifugio Elisabetta e che in questo caso non dobbiamo prendere.
Proseguire quindi dritti restando sul lato destro e ben presto la strada da asfaltata si trasforma in sterrata, portandoci
in pochi minuti in prossimità della “Cabane du Combal”, un localino caratteristico dov’è possibile fare colazione.
Passiamo davanti alla “Cabane du Combal” seguendo il sentiero, dove troviamo l’indicazione per il Bivacco Gino Rainetto
che da questo punto dista circa 3h 30 minuti.
Il segnavia da seguire è il numero 14.
Il sentiero è inizialmente semplice con dei piacevoli sali scendi e costeggia sul lato destro la grande morena
del Lago del Miage.
Alla nostra sinistra abbiamo l’intera Piana del Combal, tutto il panorama sull’Alta Val Veny e sullo sfondo le
Pyramides Calcaires che svettano nella loro maestosità e nella loro eleganza, oggi parzialmente illuminate dai raggi
del sole che cercano di farsi strada tra le nuvole di passaggio.
Mentre percorriamo da una decina di minuti questa prima parte di semplice sentiero, troviamo una marmotta davanti a
noi che ci guarda incuriosita per poi nascondersi dietro a un grosso masso.
Terminato di costeggiare la morena del Lago del Miage, il sentiero svolta a sinistra e incomincia a salire lungo i
pendii che scendono dal Mont Tseuc.
Da questo punto in avanti preparatevi perché la salita diventerà con il passare del tempo sempre più ripida e senza
sosta fino al bivacco.
Risaliamo inizialmente un sentiero oramai privo di vegetazione che ci porta nei pressi di una prima pietraia e
successivamente andremo a superare alcune roccette.
Uno sguardo all’indietro e ci rendiamo subito conto che stiamo salendo decisi.
La Piana del Lago Combal è già decisamente più in basso e la morena del Lago del Miage (da poco percorsa)
la vediamo all’orizzonte.
Ci stiamo portando nei pressi del vallone che si addentra tra l’Aiguille de Combal ed il Mont Tseuc.
Vallone molto ripido che andremo a risalire completamente.
Incontriamo una seconda breve pietraia, poi ancora il sentiero e dopo circa 20 minuti le prime roccette da superare.
Uno sguardo all’indietro e da sopra la morena del Lago del Miage ecco che compaiono quasi per incanto i due laghetti.
Il primo laghetto (quello più grande), è formato da acqua grigia colore ghiaccio, (reso argentato e luccicante dal riflesso
dei raggi del sole), mentre l’altro laghetto più piccolino, si presenta con un’acqua azzurra / blu.
Un contrasto di colori magnifico.
Risaliamo il ripido canalone dell’Aiguille de Combal e man mano che ci addentriamo, il terreno si presenta con sfasciumi,
pietre e massi di media / grande dimensione.
Questa zona che stiamo risalendo era diversi anni fa di formazione glaciale accogliendo il ghiacciaio oggi totalmente
sparito, e del quale sono rimaste solo le pietre.
La pendenza è importante.
Nella progressione bisogna fare attenzione a non scivolare con i piedi.
Ma soprattutto prestare molta attenzione a non spostare sassi che potrebbero iniziare una pericolosa corsa in discesa
verso chi dietro di noi sta anch’esso risalendo.
Il mio consiglio è quello di indossare per precauzione il casco, all’inizio dell’attacco dell’Aiguille de Combal.
I bollini gialli disegnati sui massi ci indicano il percorso che va seguito scrupolosamente per evitare pericolosi
“fuori traccia”.
Tuttavia sulla presenza dei bollini gialli ritorneremo più avanti nella relazione.
La risalita del ripido canalone dell’Aiguille de Combal
Risalendo il canalone, ho la sensazione di “sentirmi osservato” e avverto in lontananza alla mia destra il rumore di
alcuni sassi che rotolano.
Mi fermo a guardare e capire.
Sul versante opposto, in piena parete verticale, a sfidare ogni regola d’equilibrio, ecco una splendida colonia di
5 stambecchi, formata da 3 grandi esemplari e due cuccioli che saltano come cavallette da una roccia all’altra con sotto
il vuoto più assoluto.
E tra un salto e l’altro, la mamma allatta i piccoli.
Incredibile, incredibile!!
Non è possibile.
Solo la natura e il mondo selvaggio ha questa capacità di stupirci
Sono sensazioni particolari da raccontare e da trasmettere: bisogna vederle per rendersi conto.
Dopo una piacevole sosta, “butto” uno sguardo all’indietro e noto che ho risalito (e sto risalendo) un discesone pazzesco,
con il Lago Combal e la sua piana che si sono trasformati nella dimensione di un fazzoletto.
Uno sguardo in avanti e i miei occhi vedono una salita senza fine con una pendenza molto marcata e formata
prevalentemente da terra e sfasciumi.
Lentamente progrediamo fino a giungere nei pressi di un ampio nevaio, (quello che resta del ghiacciaio), e che
va attraversato prima da sinistra verso destra e successivamente da destra verso sinistra.
Oggi è una giornata particolarmente calda, la neve è molle e gli scarponi affondano bene nel manto bianco: possiamo
proseguire senza calzare i ramponi perché siamo sicuri.
Ma attenzione!!
Nel caso si presentasse neve dura o con crosta parzialmente o totalmente ghiacciata, calzate immediatamente i ramponi.
Non sottovalutate questo aspetto, perché la pendenza è tale che potreste scivolare via senza potervi fermare in
alcun modo.
Supero i due ampi nevai e proseguo su un’altra pietraia affidandomi ai bollini gialli che mi indicano la traccia e mi
portano nei pressi di una balza rocciosa che sarà la prima di una lunga serie.
Abbiamo risalito per intero il ripido canalone e da qui in avanti la progressione richiederà per circa un’ora abbondante
l’uso delle braccia e delle mani.
Andremo ad arrampicarci su una roccia affidabile, sincera, con la quale si ha un’ottima presa sia con le mani
che con i piedi.
Passo dopo passo, mano dopo mano, bisogna aggrapparsi e tirarsi su.
Non è difficile, certamente bisogna fare attenzione, calcolare dove mettere i piedi e dove posare le mani, ma è
assolutamente fattibile.
Alle nostre spalle, anche il canalone è oramai lontano e man mano che rimontiamo sulle rocce diventa sempre più
piccolo fino a scomparire.
Le vette sul versante opposto alla Piana del Combal, sono quasi alla nostra altezza, facendoci rendere conto di
quanto dislivello abbiamo fatto e stiamo facendo.
Ogni tanto poco distante da noi, vediamo comparire qualche stambecco intento anche lui a risalire e muoversi con
una disinvoltura da fare invidia, guardando con curiosità il nostro passo lento.
Uno sguardo verso l’alto e vedo al confine con l’azzurro del cielo il tetto rosso del bivacco, posto sulla sommità
dell’Aiguille de Combal.
C’è ancora una mezz’oretta di piacevole “scalata”, mai particolarmente difficile.
Anzi, qui (a differenza della risalita del canalone avvenuta in gran parte su sfasciumi), la roccia permette sempre di
avere un ottimo “grip” e un’aderenza perfetta.
Ultimo tratto roccioso, qualche residuo di nevaio ed eccoci arrivati al Bivacco Gino Rainetto.
Parliamo del classico bivacco in lamiera, in questo caso di colore rosso vivo, parzialmente protetto da un muretto di
pietre e ancorato al terreno da tiranti di acciaio che lo mantengono ben saldo durante i venti tempestosi.
Al suo interno troviamo 9 posti letto ricavati in un unico stanzino perlinato con traversine di legno, con a destra e a sinistra
due piccole finestre, più una frontale appena sopra la porta d’ingresso.
Diverse coperte sono riposte sopra le brande e c’è un piccolo tavolo scorrevole dove appoggiare il classico
“piatto di minestra”.
Il Bivacco Rainetto è una struttura dove c’è l’essenziale per dormire e per proteggersi dalla notte o dal tempo avverso.
L’acqua è di fusione e dovrete portare con voi tutto il resto, considerate di trovare solo brande e coperte.
Ma è il posto che è magico.
Dormire qui, a queste altezze, lontani dal mondo intero, dove sarete i primi ad avere i raggi del sole dell’alba e
gli ultimi a perderli al tramonto, è qualcosa di unico, di grandioso, di meraviglioso.
Già solo per questo aspetto, vale assolutamente la pena fare oltre 4 ore di salita e 1.500 m. di dislivello.
Ma è il panorama che ci circonda che amplifica all’invero simile la magia del luogo.
Abbiamo davanti ai nostri occhi l’intera Valle d’Aosta e molte cime della Savoia, mentre alle nostre spalle troviamo
il Petit Mont Blanc e il Monte Bianco e un accavallarsi infinito e grandioso di vette, punte, creste, sellette……..
Tutta la catena delle Alpi e un’infinità di montagne di altissimo pregio, di inestimabile valore, dove non basta una vita intera
per poterle percorrere anche solo in parte.
Individuo il Mont Fortin 2.758 m., il Mont Percé 2.844 m., il Mont Favre 2.967 m., la punta del Berrio Blanc 3.252 m.
e poi sognando, è lecito immaginare di riuscire a camminare sopra tutte quelle creste che abbiamo davanti a noi,
così da poter vedere il mondo dall’alto verso il basso.
Ma dove mi trovo?
Ma in quale meraviglia sono finito?
In quale sogno?
Questo sogno si chiama Bivacco Gino Rainetto in Val Veny.
Ma è propio mentre estasiato mi guardo attorno che mi sento nuovamente osservato e avverto dei rumori.
Mi giro, e alla mia destra, a meno di tre metri, si fermano a guardami una mamma stambecco con il suo piccolo.
Parliamo di un cucciolo che avrà un mese di vita, di una bellezza e di una dolcezza infinita, che segue fedelmente la
mamma che rappresenta il suo insegnamento di vita.
Una vita che per questa bestiola sta incominciando e dove dovrà presto imparare per poter affrontare il lungo inverno
in questi posti austeri.
Posso solo fermarmi a contemplare e ringraziare di essere arrivato fin quassù.
Accanto al bivacco, troviamo la caratteristica croce in metallo riempita di pietre.
Guardando verso il fondo valle, riesco a individuare la strada poderale che sale fino al Rifugio Elisabetta che da questa
altezza lo intravvedo minuscolo, delle dimensioni pari a quella di una formica.
Le Pyramides Calcaires sono poste molto più in basso rispetto alla mia posizione.
L’elenco potrebbe continuare a lungo.
Questi sono posti adatti a chi ama l’alta montagna, i luoghi solitari, dove si fatica per arrivare, ma vi garantisco che
sarete ampiamente ripagati.
Faccio conoscenza con una cordata di alpinisti formata da un uomo e tre donne.
Mi raccontano che hanno dormito al bivacco e ieri hanno risalito il Petit Mont Blanc, esperienza unica!!
La famigliola di stambecchi sono degli “habitué” del posto, praticamente i nostri vicini di casa, per nulla intimoriti
dalla presenza dell’uomo.
Dopo una sosta nei pressi del bivacco, un pò di sole e un pò di meritato relax, arriva l’ora di prepararsi per la discesa.
Ancora uno sguardo, ancora qualche foto del luogo, ancora un momento, perché non ho nessuna voglia di andare
via da qui, si sta bene, è magnifico.
Ma poi lentamente mi incammino.
La via di discesa è la stessa di quella affrontata in salita.
E’ necessario prestare particolare attenzione ai “bollini gialli” che a mio avviso andrebbero in alcuni punti intensificati.
Infatti nel tratto roccioso compreso tra il Bivacco Rainetto e l’imbocco del canalone, l’ambiente formato
prevalentemente da pietraia e rocce, crea una sorta di terreno a prima vista “tutto uguale e tutto molto simile”,
non rendendo immediata l’individuazione della traccia da percorrere.
Scendendo insieme a due altre persone, appassionate e amanti di questi ambienti, in due punti ci siamo trovati
“fuori traccia” e abbiamo dovuto con brevi deviazioni risalire per individuare il percorso esatto di discesa.
Nessun problema: avevamo tempo e meteo a nostro favore, ma nel caso di scarsa visibilità, o escursionisti meno esperti,
questo aspetto potrebbe rappresentare un’insidia assolutamente da non sottovalutare.
Giunti all’imbocco del canalone di discesa e guardando verso la Piana del Combal, ci si rende conto del
dislivello affrontato.
In circa 3h arriviamo alla Cabane du Combal, dove seduti su una panca al sole, con una vista da cartolina sulle
Pyramides Calcaires, ci gustiamo una fantastica acqua tonica ripensando e rivivendo l’impresa di oggi.
Ancora 50 minuti e scendiamo lungo la strada asfaltata fino alla frazione di Freney dove ritroviamo la macchina.
Si chiude così una giornata unica, emozionante, ricchissima e vissuta in un ambiente grandioso di alta montagna.
Il pensiero corre già verso la prossima meta.
Non sono ancora partito ed ho già voglia di tornare, perché è questa la vita che amo, e sono queste le esperienze che
ci “fanno crescere” e apprezzare tutto quello che abbiamo attorno, troppo spesso ignorato dall’assurda
frenesia quotidiana.
Relazione e fotografie di: Michele Giordano
Note: uscita in ambiente austero di alta montagna, adatta a escursionisti esperti.
La risalita del canalone richiede particolare attenzione a non muovere pietre che potrebbero rotolare verso valle.
Casco e ramponi indispensabili per garantire un adeguato standard di sicurezza.
L’attraversamento dei nevai nella zona dell’Aiguille de Combal, se affrontato su neve dura con crosta di gelo / disgelo,
necessita l’utilizzo dei ramponi per assicurare una tenuta stabile e priva di rischi.
L’ultima ora di salita verso il bivacco, prevede una facile arrampicata su roccia affidabile e, in tanti punti si procede
a “quattro zampe”.
Sarete spesso osservati con curiosità dagli stambecchi per nulla intimoriti della vostra presenza.
Una volta arrivati a destinazione si aprirà davanti ai vostri occhi un mondo fantastico che comincerete a intravvedere
già lungo l’impegnativo percorso di salita.
Esperienza da favola.