Rifugio Barbustel 2.200 m. e Cima Piana 2.512 m.
(Italia – Valle di Champorcher)
escursione molto appagante all’interno del Parco Naturale del Mont Avic, dal quale si gode un magnifico panorama …
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Località di partenza: frazione La Cort, strada per Dondena, Valle di Champorcher.
Quota di partenza: 1.766 m.
Quota di arrivo: 2.512 m. (quota max. Cima Piana)
Dislivello: 855 m.
Posizione: siamo nel Parco Naturale del Mont Avic, il Rifugio Barbustel si trova nella Valle di Champdepraz,
su un pianoro erboso nei pressi dei laghi Bianco, Nero e Vallette.
La Cima piana si innalza poco distante dal rifugio, sopra il Col de la Croix.
Difficoltà: E [livelli scala difficoltà]
Ore: 5h 30’ a/r (comprendendo la visita ai vicini laghi)
Periodo: da inizio giugno a fine settembre
Attrezzatura richiesta: classica da trekking
Discesa: per la via di salita dopo aver compiuto un anello che dalla Cima Pina tocca il Rifugio Barbustel,
i laghi lì attorno e si ricongiunge alla prima parte passando per il Col de Lac Blanc
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli
Non è certo la prima volta che salgo al Rifugio Barbustel e non sarà neanche l’ultima.
È una delle mete più famose e ricercate della Valle d’Aosta e il motivo è semplice.
La zona in cui si trova, ossia il Parco Naturale del Mont Avic, è una delle più belle in assoluto e, nonostante l’assalto
nei mesi estivi di centinaia di escursionisti, mantiene inalterata la sua integrità.
In genere la montagna che amo è un po’ un’altra, quella fatta di escursioni in luoghi remoti, isolati e a volte anche
faticosi da raggiungere, dove è molto difficile incontrare qualcuno nell’arco dell’intera giornata.
Ritengo che in questi posti si possa meglio respirare la vera essenza della wilderness e la sensazione di essere da soli
al cospetto di cime imponenti, e unito all’aspetto umano della fatica o del sapersela cavare, sia impagabile.
Sono molto attirato tuttavia anche da queste piccole strutture chiamate rifugi e bivacchi di cui le nostre montagne
sono ricche, punti di arrivo di tranquille gite o punti di partenza per altre, che svolgono sempre la loro funzione
primaria ossia quella di punti d’appoggio in caso di difficoltà, un’ancora di salvezza e speranza in caso di bisogno.
Un luogo sicuro al riparo dalle avversità.
Per il Barbustel, come dicevo, ho fatto più di un’eccezione, affrontando il sentiero di salita per la via classica già due volte.
È vero, il percorso più seguito (quello da cui ero passato anch’io), è molto facile e breve dalla Valle di Champorcher,
meno di due ore, e questo lo rende frequentato da tantissima, troppa gente nei mesi estivi.
Se si parte in qualche weekend di luglio e agosto poi non è raro rimanere imbrigliati in vere e proprie file indiane.
Ma da cosa deriva tanta richiesta?
Innanzitutto, il rifugio sorge in una posizione unica e basta affacciarsi alle finestre delle sue stanze per avere
un quadro meraviglioso sulle cime e sui ghiacciai del Monte Rosa.
In secondo luogo, la struttura è letteralmente circondata da tre laghetti bellissimi, il Lac Vallette, il Lac Blanc e il Lac Noir.
Basta poi fare solo qualche passo sul sentiero che conduce alla Pointe de Medzove per passare in mezzo ad altri laghi
altrettanto magnifici, il Lac Cornu, il Gran Lac e più in alto ancora altri laghetti, tra cui quello della Leita.
Insomma, un’oasi naturale unica, un mondo a sé stante circondato e chiuso dal non lontano Mont Avic.
Per raggiungere questo posto oggi farò una bella variante che, poco oltre il lago Muffè, mi porterà fuori da tutte le rotte,
fuori dalla confusione, e mi consentirà di ammirare un panorama ancora più grandioso e ampio dalla cima di un monte
non molto lontano dal rifugio.
Il percorso, come sempre, l’ho studiato con cura sulla mia cartina topografica e organizzato per bene.
A tale scopo ho scelto un lunedì in modo da incontrare meno gente rispetto al fine settimana.
Salgo adagio lungo la strada a tornanti che da Champorcher arriva fino alle poche case di La Cort, punto di partenza
anche per la bella escursione nella conca di Dondena.
Parcheggio lungo la strada e mi preparo a salire in questa giornata che si preannuncia soleggiata.
All’imbocco del sentiero, sulla destra, c’è già un piccolo gruppetto di persone intento a leggere la segnaletica.
Non sono molti per fortuna.
Li vedo partire mentre mi infilo lo zaino e chiudo l’auto.
Da come salgono e come sono vestiti non si direbbero assidui frequentatori della montagna, e so già che dopo le prime
rampe li supererò.
Imbocco anch’io questo sentiero che sale subito ripido per un boschetto di larici e mughi, rimontando un po’ a
gradoni un primo costone erboso.
Dopo qualche rampa trovo il gruppetto di prima già seduto sulle rocce sparse ogni tanto sull’erba.
Il primo pezzo ha già fatto un po’ di selezione, soprattutto per chi non è abituato.
Quando arrivo nei pressi dell’alpeggio Gran Cort il bosco si dirada un po’ e, non so come, inizia a piovigginare.
Ma come? C’era il sole fino a poco fa!
In effetti poco distante, il cielo si è un po’ annuvolato e queste goccioline sono certamente trasportate anche dal vento.
È un po’ fastidioso salire così.
Coprirsi non vale la pena, alla fine piove pochissimo e avrei poi troppo caldo.
Salendo in maglietta sono più libero, ma alla lunga questa acquetta bagna.
Per ora non ci penso, sta piovendo col sole e alla fine smetterà, sarà solo una nube passeggera, o almeno spero.
Supero un bel ponticello di legno che si trova dopo questo alpeggio, e continuo la salita per un altro tratto piuttosto
ripido ma ammorbidito dalla mano dell’uomo che lo ha lastricato e gradinato.
Dopo un’ultima diagonale su un pendio cosparso di rododendri, arrivo quasi sulla soglia del bar-ristoro Lago Muffè
(di recente costruzione) e proprio sotto la Cima Piana che da lì a poco andrò a salire.
Questo monte visto da qui fa un po’ impressione.
È un gigantesco panettone pietroso quasi privo di vegetazione, se non fosse per i rari cespugli e mughi che si fanno
largo tra le pietre qua e là.
Sembra catapultato qui da un altro mondo e contrasta nettamente con la rigogliosa vegetazione che esplode ai suoi piedi.
Poco oltre al ristoro Muffè, una bella costruzione in pietra adagiata su questi prati, il lago omonimo brilla di un colore
azzurro intenso sotto i raggi del sole.
Non piove più finalmente, così che anch’io posso fermarmi un attimo lungo le sponde di questo magnifico laghetto.
Rimango incantato da questo azzurro così vivo che fa a pugni col grigio delle pietraie che scendono dalla Cima Piana
alle sue spalle.
In direzione opposta inizia anche a delinearsi un bel panorama sui monti più lontani della Valle di Dondena, ancora
pieni di neve a fine giugno.
Un po’ più vicino invece, lungo la direzione che mi accingo a prendere, il Col de Lac Blanc è sovrastato da una
severa cuspide rocciosa, il Monte Torretta.
Per questo colle passa anche il sentiero classico che arriva al Rifugio Barbustel, seguito da una breve discesa
sul versante opposto.
Oggi non passo per questa via, come detto, ma svolto a destra in corrispondenza di due bolli gialli coi numeri dei sentieri
posti su due massi in mezzo alla traccia.
Questo bivio si trova molto prima del Col de Lac Blanc e qualche centinaio di metri dopo il ristoro Lago Muffè.
Da qui in poi sarà ancora più difficile incontrare qualcuno, normalmente gli escursionisti non si complicano la vita
allungando il percorso su queste pietraie e macinando più chilometri con anche maggiore fatica.
È proprio questa la parte bella, isolata e più a contatto con la natura che ricercavo e volevo esplorare.
Cammino ancora per pochi metri lungo un bel sentierino su ghiaia fine che si fa largo tra gli ultimi larici isolati rimasti.
Stupendo il panorama sulle cime che svettano sul versante opposto della Valle di Champorcher e ancor più maestosa è la
vista sui monti colmi di neve che sovrastano Dondena.
Uno su tutti, la Rosa dei Banchi, è veramente uno spettacolo.
Scavalco qualche grosso masso e arrivo a lambire un piccolo laghetto senza nome che decido di visitare al ritorno.
Sono ormai ai piedi delle pietraie della Cima Piana e la meta la vedo, un po’ più in alto illuminata dal sole.
Rimonto il crinale sempre su sentiero che ora è costituito da grossi massi e arrivo ad un tratto a mezza costa che corre
praticamente in piano.
Mi trovo su un’incredibile terrazza panoramica, e proprio sotto di me vi è il piccolo pianoro con il ristoro e il lago Muffè
che da qui è una piccola pozzanghera azzurra circondata da un mare d’erba.
Non devo percorrere tutto questo sentiero, arriverei infatti al Col Cima Piana da dove non mi sarebbe possibile
salire alla vetta.
La mia cartina segna una piccola traccia che dal punto in cui mi trovo dovrebbe staccarsi per queste pietraie.
Osservo attentamente tornando anche indietro sui miei passi.
Niente, non la trovo.
Non vi sono bolli gialli o indicazioni.
Così, nel punto in cui mi sembra la montagna sia meno difficoltosa da salire, mi faccio largo tra le rocce di questa
pietraia e salgo dritto, aiutandomi un po’ con le mani nei punti più ripidi.
È molto bello e divertente salire in questo modo, ma sono sicuro che da qualche parte un mezzo sentiero c’è.
Arrivo sull’anticima e passo accanto ad un pino mugo, l’unico che ha scelto questo posto isolato per mettere radici.
Non so come, ma all’improvviso davanti a me ricompare una specie di sentiero.
Manca poco ormai e con un ultimo sforzo raggiungo la cima rappresentata da un grande ometto di pietra.
Non vi è la classica croce o qualche targa ma solo questo ometto.
Poco distante un cartello di metallo riporta la scritta “Parc Naturel du Mont Avic”.
Il sole che splendeva fino a poco fa, lascia ora il posto ad un cielo un po’ nuvoloso e ben presto inizia a piovigginare.
Le cime tutto intorno per fortuna sono ancora libere dalle nebbie, per cui il tempo di indossare l’antipioggia e coprire lo
zaino e sono pronto a fare foto un po’ ovunque.
Dalla parte da cui sono salito, molto più lontano vedo sempre le cime di Dondena, mentre più a destra la Gran Rossa copre
dalla vista il Mont Glacier.
In basso ben visibile è il Rifugio Barbustel, con i laghi Vallette, Bianco e Cornuto.
Verso la Valle Centrale si apre un orizzonte vastissimo puntellato di cime, mentre sul crinale della posizione in cui mi trovo,
il piccolo Lago Couvert è circondato da un fitto bosco.
Accanto alla Cima di Triomo, nel fondovalle, appaiono minuscoli i paesi di Issogne e Arnad.
Salire fin quassù ne è proprio valsa la pena.
La salita alla cima è un po’ faticosa ma breve e facile, e il panorama che si gode è veramente superlativo.
Quando mi accingo a scendere la pioggia cessa e torna il sole, mentre le nuvole più nere si allontanano verso Dondena.
Ho ancora la giacca antipioggia e il copri zaino ma li toglierò più in basso.
Mi dirigo verso il pendio un po’ più a destra rispetto a dove sono salito e come per magia mi ritrovo su un sentiero.
È la traccia che arriva alla vetta e che cercavo salendo, ma che dal basso non sono riuscito a vedere.
La seguo e in brevissimo tempo mi trovo di nuovo nei pressi del Col de la Croix.
Decisamente molto più facile questo percorso che sbadatamente avevo mancato.
Oltrepassato il colle mi ritrovo di nuovo vicino a quel laghetto che sulle carte non ha nome e che, con una breve
deviazione, decido di andare a vedere.
Meraviglia!
Che oasi naturale incredibile!
Un bellissimo laghetto circondato da erba verdissima e delimitato da piccole formazioni rocciose, si affaccia
sul versante di Champdepraz, su di un balcone estremamente panoramico dal quale sullo sfondo risaltano i
ghiacciai del Monte Rosa.
Sembra di essere in una di quelle piscine termali dove guardando oltre il bordo della vasca, si vedono valli e cime maestose.
Solo che qui è ancora più bello, essendo la natura ad offrirci tutto questo, senza considerare che il luogo non è
minimamente frequentato come i ben più famosi laghi attorno al rifugio, essendo a malapena segnato sulle carte.
L’unica nota stonata è che oggi le nuvole avvolgono un po’ le cime del Rosa, davvero un peccato.
Passo molti minuti in quest’oasi di pace e intanto ne approfitto per tornare in assetto da asciutto.
Non faccio in tempo però a fare qualche passo dopo essermi riportato sul sentiero che dal Col de la Croix scende sotto la
cresta del Mont Grimon, che rimango di nuovo stupito.
Un altro bellissimo laghetto appare alla mia sinistra.
Più piccolo rispetto al precedente, ma anch’esso in una bella conca verdeggiante, offre come sfondo le guglie rocciose
del gruppo del Mont Avic.
Oggi sto collezionando quadretti veramente da incorniciare.
Decisamente un luogo che merita una piccola deviazione.
E pensare che in pochi ne conoscono l’esistenza, pur trovandosi solo a pochi metri dalla rotta ufficiale
percorsa dalla massa.
Come dicevo all’inizio, conviene a volte abbandonare i classici sentieri per andare a scoprire luoghi selvaggi e
isolati che altrimenti, a torto, verrebbero ignorati.
Ovviamente senza mettersi in pericolo ma non è certo questo il caso.
Lascio anche questo lago e procedo in discesa verso il rifugio.
Il sentiero è semplice anche se nella prima parte supera un gradino roccioso dove si usano un po’ le mani.
Niente di complicato, e in breve mi ritrovo in una zona pianeggiante in un rado bosco di larici.
Ignoro sulla destra la deviazione per la Valle di Champdepraz e continuo a sinistra fino a ritrovarmi sulla sponda
del Lago Vallette.
Uno specchio d’acqua molto grande, di un blu intenso nel quale si riflettono le cime del Mont Avic.
Poco oltre, uscito da un gruppo di larici, mi trovo sul retro del Rifugio Barbustel, in un bel terrazzo ricco di erba e di fiori.
Riesco a scattare una foto un po’ insolita che vede il rifugio con alle spalle le rocce della Testa degli Uomini.
Dal vociare che sento infatti, so già che appena arriverò davanti alla struttura mi ritroverò in mezzo alla folla, per cui
approfitto ancora di questo momento per mangiare qualcosa seduto su una roccia con questa vista.
Prima di prendere la via del ritorno verso il Col de Lac Blanc, voglio proprio andare a vedere anche gli altri laghi nei
paraggi, incamminandomi sulla traccia che sale verso la Pointe de Medzove.
Il primo che incontro è alla mia destra, il Lac Blanc (lago Bianco), sotto la dorsale che scende dal Mont Ours.
Molto bello e grande, questo è un altro balcone panoramico sulle vette del Rosa.
Poco oltre, sulla sinistra questa volta, il Lac Noir (Lago Nero) di un colore blu molto scuro tendente al nero, da cui il nome.
Questi laghi sono tutti estremamente vicini e raggiungibili con una facile passeggiata, e in molti sono seduti
lungo le loro sponde.
Il colore delle acque contrasta con il verde dell’erba e dei cespugli (perlopiù rododendri), lungo le rive e con il grigio
delle rocce e delle pietraie che scendono dalle cime circostanti.
Rimonto qualche facile balzo roccioso e mi porto in un tratto di sentiero a mezza costa, sempre sotto
le pendici del gruppo di Ours.
Ogni tanto incontro qualcuno che come me si è spinto un po’ più in là o che prosegue per salire più in alto.
Dopo qualche metro, in basso alla mia sinistra ecco il Lac Cornu (lago Cornuto), così chiamato per una particolare
rientranza a forma di corno.
Le sue acque, che ora brillano sotto un bel sole, sono molto scure nella parte più profonda e tendenti al verde lungo le rive. Sembra un atollo dalle mille sfumature di colori in mezzo alle rocce.
Molto più avanti un’altra zona piena di laghi meriterebbe di essere visitata, ma oggi causa l’ora, sono costretto a
fermarmi qui, fissando questa nuova meta (così come la Pointe de Medzove), come oggetto di una prossima escursione.
Procedo quindi a ritroso fino a risalire al Rifugio Barbustel dove ormai non c’è più nessuno, segno che mi sono un po’
attardato tra queste bellezze naturali.
È piuttosto tardi anche per me, e così non mi resta che prendere la via che sale al Col de Lac Blanc per poi ripassare dal
ristoro Muffè e quindi scendere nel bosco verso La Cort.
Non c’è proprio più nessuno, è tardo pomeriggio e tutti sono già rincasati.
Sono l’ultimo che chiude la porta ad una giornata meravigliosa ricca di sorprese e di panorami mozzafiato.
Un anello bellissimo che con solo un po’ di fatica in più, consente di scoprire luoghi altrettanto meritevoli e fuori dalle
classiche mete del turismo estivo.
Relazione e fotografie di: Daniele Repossi
Note: escursione facile e molto appagante all’interno del Parco Naturale del Mont Avic.
Il rifugio e i vicini laghi costituiscono luoghi molto affollati nel pieno della stagione estiva, tuttavia l’anello qui proposto,
che tocca la Cima Piana, nella prima parte si svolge in ambiente solitario e grandioso, dal quale si gode un magnifico
panorama su buona parte dei monti valdostani.
Un po’ ripida ma piuttosto breve la salita dal Col de la Croix alla Cima Piana, che avviene su roccette e ghiaietto
a volte scivoloso.