Rifugio Mont Fallère 2.385 m. – trekking invernale –
(Italia – Valle Centrale)
dai prati in fiore, agli oltre 2 metri di neve, dove spunta solo la parte finale dei cartelli, camminando in un ambiente
solitario, immacolato. Qui l’unico rumore che si avverte è quello dei ramponi che “grattano” sulla crosta innevata
Località di partenza: Vetan 1.698 m. (Valle Centrale)
Punto di arrivo: Rifugio Mont Fallère 2.385 m. – Croce di Vetta
Quota di partenza: 1.698 m.
Quota di arrivo: 2.385 m.
Dislivello: 687 m.
Posizione: Valle Centrale, lungo il percorso del <TMF> Tour de Mont Fallère
Difficoltà: “E” trekking semplice, ottimamente tracciato e indicato
“EE” in condizioni invernali, risalendo i pendii ricoperti dalla neve, in assenza di traccia e punti di riferimento
[scala delle difficoltà]
Ore: 2h in andata e un pò meno di 2h al ritorno (tempistica variabile a secondo della quantità di neve presente al suolo)
si parte dal parcheggio di Vetan, nei pressi dell’hotel Notre Maison dove si trovano fin da subito le indicazioni
Periodo: in inverno è possibile salire con le ciaspole, ma è necessaria una attenta verifica delle condizioni di stabilità
del manto nevoso
Attrezzatura richiesta: classica da trekking, ramponcini o ciaspole con terreno innevato nel periodo invernale
Segnavia: n° 13
Rifiuti: ecco cosa bisogna sapere prima di abbandonarli
La destinazione di oggi è il Rifugio Mont Fallère, percorso che conosciamo bene e già ampiamente descritto
all’interno del nostro sito.
Ma voglio riproporvi e pubblicare nuovamente questa escursione, per farvi vedere come in certi periodi dell’anno,
bastano pochi metri in più di dislivello, per ritrovarsi in un ambiente completamente diverso e in condizioni opposte
rispetto alla partenza.
Siamo passati dai prati fioriti con le mucche al pascolo, a oltre due metri di neve al suolo, in poco più di 45 minuti di salita.
Onestamente non me l’aspettavo…. che emozione anche questa volta.
L’intenzione di oggi era quella di raggiungere il Lago Fallère per tentare di fotografarlo in “fase di scongelamento”,
con ancora i blocchi di ghiaccio ben presenti nelle sue acque.
Mettetevi comodi, vi racconto tutto in dettaglio, perché la giornata ha riservato delle sorprese.
Benvenuti o ben tornati sulle pagine del nostro sito.
Siamo a metà del mese di maggio, di un anno che (fortunatamente) è stato abbondante di precipitazioni nevose,
anche se purtroppo tardive.
Il punto di partenza per arrivare al Rifugio Mont Fallère, è il piccolo paesino di Vetan, ubicato a 1.698 m. di altitudine,
posto sopra Saint Pierre e sopra Saint Nicolas.
Arrivati a Vetan, si trova facilmente parcheggio ai bordi della pineta nei pressi dell’hotel Notre Maison.
In auto, provenendo da Aosta o da Courmayeur sulla strada statale 26, bisogna raggiungere il paese di Saint Pierre
e seguire le indicazioni per Saint Nicolas.
Successivamente, si prosegue ancora per 7 km su ampia strada asfaltata e panoramica, fin dove questa finisce
nei pressi dell’hotel.
Oltre non si può andare.
L’hotel Notre Maison di Vetan, rappresenta il punto di partenza dell’escursione di oggi.
Le paline con le indicazioni delle varie mete, sono ben evidenti e il percorso incomincia percorrendo per pochi minuti
una ripida salita che si addentra in un breve tratto boschivo, per poi giungere nei pressi di una Madonnina gialla.
Alla Madonnina giriamo a destra seguendo il sentiero n° 13, che dolcemente incomincia a risalire i prati verdi
adibiti al pascolo.
Il panorama è bellissimo, regalando e deliziando il nostro sguardo fin da subito, con un contrasto di colori incredibile.
Mentre attraversiamo i prati immersi tra i fiori, le montagne innevate all’orizzonte, sembrano quasi uscire dall’erba
e dalle pinete sottostanti.
Un colpo d’occhio bellissimo.
Alla mia sinistra, posata sopra un sasso, trovo una delle tante sculture che accompagnano l’escursionista da Vetan
fino al rifugio.
Si attraversano i pascoli e si prosegue quasi in piano per una quindicina di minuti, con un cammino rilassante e piacevole,
lungo una strada poderale che man mano che avanziamo si restringe trasformandosi in un sentiero, oggi reso
“argentato” dall’acqua che ci scorre sopra, illuminata dai raggi del sole.
Si prosegue fino a giungere nei pressi di un fitto bosco, dove le indicazioni ci portano a girare a sinistra per andare
a risalirlo completamente.
Oggi come previsto, il meteo sarà un pò birichino, e infatti le prime nuvole incominciano ad avvolgere il tracciato,
rendendo l’ambiente ancora più magico e misterioso.
Il “bruco che esce dal tronco dell’albero”, con in mano il cartello che augura una buona salita, segnala l’inizio
del ripido tratto che in circa 40 minuti attraversa e oltrepassa l’intero bosco portandoci su un’ampia poderale.
All’interno del bosco, ma anche lungo il percorso del sentiero n° 13, troviamo tutta una serie di sculture in legno.
Parliamo di decine di piccole creature e non solo, raffiguranti in prevalenza degli animali che popolano queste zone,
ma anche dei funghi, dei fiori e dei personaggi quali il boscaiolo, il pastore, il prete, il contadino, il montanaro…..
che ci accompagneranno fino al Rifugio Mont Fallère.
Sculture che man mano che ci avviciniamo al rifugio, diventano più grosse.
Questo è il “Museo a cielo aperto”, dove un pò ovunque, tra i rami, dietro ai sassi, tra gli alberi, ma anche in
bella evidenza sul sentiero e sulla poderale, sono disseminate queste creazioni che “spiano” l’escursionista,
rendendo il tracciato decisamente piacevole e originale.
L’autore di questa idea così particolare è il proprietario del rifugio, il sig. Siro Viérin, che qui ha posato circa 350 opere
da lui realizzate, andando a creare il museo e l’atelier di scultura più alto in Italia e forse in Europa.
La passione per il legno, per gli attrezzi e per la montagna, ha portato a realizzare qualcosa di esclusivo, originale
e straordinario.
In particolare, le sculture di legno, raffiguranti degli animali, alle volte sono in bella evidenza, altre volte invece
nascoste tra la vegetazione, come le vere creature selvatiche che abitano queste zone.
Riproduzioni realizzate così bene e in grandezza naturale, che sembrano vere.
La risalita della pineta di larici, avviene in un ambiente ancora sonnecchiante dell’inverno appena trascorso e qui
non ancora del tutto concluso.
Le piante sono spoglie, servono ancora un pò di settimane, prima di vederle diventare nuovamente verdi.
Al suolo, cammino su un tappeto infinito di aghi di pino precedentemente caduti.
La conclusione della risalita del bosco, coincide con l’arrivo su una strada poderale che, tramite un lungo e agevole
traverso che taglia il pendio, conduce in circa 25 – 30 minuti in prossimità del Rifugio Mont Fallère.
Ma è qui che le cose cominciano a cambiare.
Mentre il sentiero all’interno del bosco, presentava un terreno completamente assente dalla neve, pochi metri più sopra,
ho trovato la poderale fin da subito parzialmente ricoperta da ampie zone innevate.
Man mano che avanzavo, la coltre di neve è diventata sempre più spessa, arrivando a sfiorare i 2 m. di altezza.
Sembra quasi incredibile che pochi metri di dislivello positivo, possano cambiare così radicalmente l’ambiente.
Mi sono ritrovato a camminare in un contesto surreale, tra queste montagne dall’aspetto selvaggio, dove l’unico rumore
che si avverte è il silenzio, “disturbato” solo dallo scricchiolio dei ramponi sulla crosta di neve parzialmente ghiacciata.
Il percorso semplice ed evidente, che in condizioni normali, conduce al rifugio e transita lambendo i pascoli più alti d’Europa,
dove si produce la Fontina, oggi è completamente mascherato, senza punti di riferimento.
Procedo con una certa disinvoltura solo perché conosco abbastanza bene la zona.
Mentre proseguo, penso al Colle Paletta, a Punta Leysser, al Lac Mort e a tante altre escursioni che ho fatto in zona
nelle mie uscite di trekking e oggi completamente inaccessibili.
Questo è il bello della montagna, il bello di questi luoghi, dove tutto cambia, dove tutto si trasforma.
Il bianco candido della neve è il colore predominante.
Le nuvole che corrono nel cielo disegnano strane forme, e dopo aver risalito un pendio nevoso, ecco comparire
all’orizzonte il Rifugio Mont Fallère, ancora chiuso, perché la stagione turistica ripartirà tra circa un mese abbondante.
Questo rifugio è nato dal sogno del proprietario Siro Viérin, che ha voluto far conoscere al pubblico, i luoghi
della sua infanzia.
La struttura, costruita da zero in pietra e legno vecchio, è stata aperta e inaugurata il 28 luglio 2012.
Sorge nella conca compresa tra il Mont Fallère (dal quale prende il nome), il Monte Rosso e il Monte di Vertosan.
L’interno è accogliente, ottimamente rifinito, con una cura particolare di tutti i dettagli.
8 camere, 50 posti letto, bagni, docce calde, ristorante: non manca nulla.
Il menù è ampio, sfornato dalla classe della cucina valdostana e di chi conosce perfettamente il proprio lavoro.
Accanto al rifugio, c’è una baita che merita una visita.
Al suo interno, troverete altre sculture realizzate dal maestro e, alcune di queste, sono veramente molto belle e particolari.
Oggi ovviamente il rifugio non è accessibile, così come anche la zona delle sculture.
Bisogna “accontentarsi” della bellezza di questo luogo immacolato, dove le uniche impronte lasciate sulla neve
sono le mie.
Si conclude così un’escursione semi – invernale avvenuta in un contesto che come avete potuto osservare dalle foto
è cambiato completamente.
Sono passato dai prati verdi e fioriti di Vetan, ai 2 m. di neve nella zona del rifugio.
Questa è un’altra delle bellezze della montagna, dove spesso la realtà è ben diversa da quello che si immagina.
La mia idea iniziale di raggiungere il Lago Fallère per documentare lo “scongelamento” è ovviamente rimandata.
Ma rientro a casa portando nel mio cuore delle meravigliose immagini di vita e di panorami e paesaggi fiabeschi.
Andare in montagna, è per me come vivere ogni volta una favola.
Relazione e fotografie di: Michele Giordano
Note: la salita al Rifugio Mont Fallére è semplice, non presenta difficoltà ed è ottimamente segnalata lungo tutta la traccia.
L’ambiente naturale di alto prestigio, avvalora ulteriormente un posto selvaggio particolarmente bello.
Nel periodo invernale, e soprattuto dopo abbondanti nevicate, bisogna prestare molta attenzione alla concreta
possibilità di slavine, in particolare lungo la tratta della poderale che taglia in due il pendio.
Con tanta neve al suolo, si sconsiglia di avventurarsi senza prima aver effettuato una attenta analisi della stabilità
del manto nevoso e delle condizioni basilari di sicurezza.